Leggete questo articolo apparso sul sito del Messaggero e poi ripensate ai casi Claps, Meredith, Scazzi, Cogne, e tanti altri dei quali ancora non è stata fatta piena luce.
La tanto osannata scientifica italiana, i tanto bistrattati magistrati... in poche parole "come far perdere la dignità alle persone". Leggerete il nome di Pascali, esatto Pascali. Lui è lo stesso che non ha trovato sul corpo di Elisa Claps il dna di Restivo (poi trovato puntualmente da altri) e che ha restituito mischiati i reperti di Cogne con quelli del delitto di Alberica Filo della Torre. Un professionista di cui fidarsi. E poi leggerete che in un processo così importante (Via Poma) non si è tenuto conto del parere del prof. Fiori e ingabbiato un presunto innocente.
Amarezza? Sì, tanta amarezza!
ROMA - Una perizia e una lettera che potrebbero ribaltare il verdetto di via Poma. A due giorni dall’inizio del processo d’appello per il delitto di Simonetta Cesaroni, la difesa cala i suoi assi e offre nuovi elementi alla Corte che, in primo grado, sono stati inspiegabilmente inesplorati.
L’occasione la offre il professor Angelo Fiori, medico legale di indubbia fama, all’epoca dell’omicidio nominato dal gip per effettuare una consulenza sulle tracce biologiche trovate sulla maniglia della porta dell’ufficio dove Simonetta è stata uccisa. Il medico evidenzia che quella macchia di sangue è di gruppo A, mentre Simonetta e Raniero hanno entrambi gruppo 0. Ma nessuno in primo grado ha ritenuto di doverlo sentire. E così lui ha preso carta e penna e ha scritto al professor Franco Coppi che, insieme con l’avvocato Paolo Loria, assiste l’ex fidanzato della vittima.
La sua lettera e diversi altri elementi sono contenuti nei motivi di appello aggiunti che Coppi ha depositato di recente. Scrive Fiori: «Quando è stata resa nota la sentenza sono rimasto molto colpito dalla condanna, in quanto i dati probatori di mia diretta conoscenza erano tali da mettere in serio dubbio le conclusioni della Corte». Di quella traccia i giudici di Assise avevano valutato l’importanza, ma l’avevano ritenuta ininfluente, sebbene si trovasse sulla maniglia interna della porta e anche sul telefono. La difesa, naturalmente, è di ben altra idea, anche perché la traccia rileverebbe la presenza di una terza persona sul luogo dell’omicidio. Ricorda Fiori che in quei giorni, quando lui dirigeva i laboratori di medicina legale dell’Università Cattolica, analizzarono il sangue di diverse persone. «Venne anche Busco a farselo prelevare - sottolinea - Lo fece spontaneamente, ma il suo sangue è di gruppo 0». «La verità processuale - insiste il professore nella sua lettera - è che il sangue sulla maniglia è di gruppo A, mentre Simonetta e Busco sono di gruppo 0». Per questo non sembra darsi pace e anche perché la Corte non ha ritenuto di doverlo sentire. «Ho riletto la mia relazione d’ufficio collegiale - dice ancora - era stata redatta con i professori Pascali e Destro-Bisol su incarico del gip Pizzuti. Poiché non sono stato chiamato durante il processo mi chiedevo che cosa ne fosse stato degli accertamenti eseguiti da me all’epoca».
Di quella traccia nei motivi della sentenza se ne parla poco o niente. Invece - sottolinea ancora Fiori - «si deve dedurre che il sangue della maniglia non è di Busco, bensì di un’altra persona che evidentemente si è ferita colpendo Simonetta», a meno che non si possa immaginare «che gli assalitori presenti fossero due e che comunque uno soltanto si è ferito, ma non Busco». Per questa ragione verrà in aula a raccontarlo.
La Corte d’assise d’appello sembra intenzionata a riaprire il dibattimento e a tentare di fare chiarezza con una nuova super perizia che avrà il compito di rianalizzare il Dna trovato sul corpetto del reggiseno di Simonetta e il morso sul seno sinistro che, a detta dei consulenti della procura, coincide con l’arcata dentaria dell’imputato. Questo elemento, qualora fosse confermato, sarebbe un altro punto a favore della difesa che, da tempo insiste sulla incongruità delle perizie. Lo ha scritto Loria nei suoi motivi di appello e lo ha ribadito, di recente, Coppi puntando soprattutto sul Dna trovato sul reggiseno di Simonetta e attribuito a un morso. Per il professore non c’è certezza che si tratti di saliva. Senza contare, poi, la consulenza sull’arcata dentaria e la compatibilità con il morso sul seno sinistro della vittima. Tutte da rivedere, insistono i legali. La battaglia, dunque, si annuncia vivace. La procura, dal canto suo, non intende mollare e insisterà sulla tesi accusatoria. Di certo una nuova consulenza tecnica potrebbe cambiare le carte in tavola riguardo all’esito del processo, così come è successo a Perugia per il delitto di Meredith Kercher, dove Amanda Knox e Raffaele Sollecito si sono ritrovati innocenti dopo il carcere e una prima pesante condanna.
L’occasione la offre il professor Angelo Fiori, medico legale di indubbia fama, all’epoca dell’omicidio nominato dal gip per effettuare una consulenza sulle tracce biologiche trovate sulla maniglia della porta dell’ufficio dove Simonetta è stata uccisa. Il medico evidenzia che quella macchia di sangue è di gruppo A, mentre Simonetta e Raniero hanno entrambi gruppo 0. Ma nessuno in primo grado ha ritenuto di doverlo sentire. E così lui ha preso carta e penna e ha scritto al professor Franco Coppi che, insieme con l’avvocato Paolo Loria, assiste l’ex fidanzato della vittima.
La sua lettera e diversi altri elementi sono contenuti nei motivi di appello aggiunti che Coppi ha depositato di recente. Scrive Fiori: «Quando è stata resa nota la sentenza sono rimasto molto colpito dalla condanna, in quanto i dati probatori di mia diretta conoscenza erano tali da mettere in serio dubbio le conclusioni della Corte». Di quella traccia i giudici di Assise avevano valutato l’importanza, ma l’avevano ritenuta ininfluente, sebbene si trovasse sulla maniglia interna della porta e anche sul telefono. La difesa, naturalmente, è di ben altra idea, anche perché la traccia rileverebbe la presenza di una terza persona sul luogo dell’omicidio. Ricorda Fiori che in quei giorni, quando lui dirigeva i laboratori di medicina legale dell’Università Cattolica, analizzarono il sangue di diverse persone. «Venne anche Busco a farselo prelevare - sottolinea - Lo fece spontaneamente, ma il suo sangue è di gruppo 0». «La verità processuale - insiste il professore nella sua lettera - è che il sangue sulla maniglia è di gruppo A, mentre Simonetta e Busco sono di gruppo 0». Per questo non sembra darsi pace e anche perché la Corte non ha ritenuto di doverlo sentire. «Ho riletto la mia relazione d’ufficio collegiale - dice ancora - era stata redatta con i professori Pascali e Destro-Bisol su incarico del gip Pizzuti. Poiché non sono stato chiamato durante il processo mi chiedevo che cosa ne fosse stato degli accertamenti eseguiti da me all’epoca».
Di quella traccia nei motivi della sentenza se ne parla poco o niente. Invece - sottolinea ancora Fiori - «si deve dedurre che il sangue della maniglia non è di Busco, bensì di un’altra persona che evidentemente si è ferita colpendo Simonetta», a meno che non si possa immaginare «che gli assalitori presenti fossero due e che comunque uno soltanto si è ferito, ma non Busco». Per questa ragione verrà in aula a raccontarlo.
La Corte d’assise d’appello sembra intenzionata a riaprire il dibattimento e a tentare di fare chiarezza con una nuova super perizia che avrà il compito di rianalizzare il Dna trovato sul corpetto del reggiseno di Simonetta e il morso sul seno sinistro che, a detta dei consulenti della procura, coincide con l’arcata dentaria dell’imputato. Questo elemento, qualora fosse confermato, sarebbe un altro punto a favore della difesa che, da tempo insiste sulla incongruità delle perizie. Lo ha scritto Loria nei suoi motivi di appello e lo ha ribadito, di recente, Coppi puntando soprattutto sul Dna trovato sul reggiseno di Simonetta e attribuito a un morso. Per il professore non c’è certezza che si tratti di saliva. Senza contare, poi, la consulenza sull’arcata dentaria e la compatibilità con il morso sul seno sinistro della vittima. Tutte da rivedere, insistono i legali. La battaglia, dunque, si annuncia vivace. La procura, dal canto suo, non intende mollare e insisterà sulla tesi accusatoria. Di certo una nuova consulenza tecnica potrebbe cambiare le carte in tavola riguardo all’esito del processo, così come è successo a Perugia per il delitto di Meredith Kercher, dove Amanda Knox e Raffaele Sollecito si sono ritrovati innocenti dopo il carcere e una prima pesante condanna.
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